di Isabella Rauti
Una nuova forma di schiavitù si è diffusa nel “Vecchio Continente”: la tratta degli esseri umani, in particolare donne e minori, ai fini dello sfruttamento sessuale ma anche lavorativo.
Oggi, in Europa, il mercato della prostituzione è un fenomeno di dimensioni internazionali che coinvolge centinaia di migliaia di persone provenienti, in particolare, dall’Africa occidentale (principalmente Ghana, Nigeria, Zaire, Costa d’Avorio), dal Sud America (Colombia, Repubblica Dominicana, Brasile, Ecuador, Perù), dall’Asia sud orientale (Filippine e Thailandia) e da quasi tutti i Paesi dell’Europa orientale (Polonia, Romania, Ungheria, Croazia, Slovenia, Albania, Russia, Ucraina, Repubblica Ceca, Slovacchia).
Si tratta di una popolazione mobile, estremamente debole, marginale sul piano sociale che esiste, trasversalmente, in ogni Paese europeo. L’aumento del numero di lavoratrici e lavoratori sessuali è legato e collegato al fenomeno della migrazione a catena ed alla creazione di reti interne allo stesso gruppo d’origine, alla stessa comunità etnica, alla regione geografica o alla città di provenienza.
Gli spostamenti, il lavoro, i soldi e la vita stessa di chi si prostituisce sono controllati dalle organizzazioni criminali internazionali; il meccanismo della tratta organizzata ha, infatti, un carattere mafioso e percorsi definiti che mettono in circolazione persone – con un’età che, tendenzialmente, diminuisce sempre di più – destinate allo sfruttamento sessuale. Gli autori dei “racket” del traffico degli esseri umani, attirano (o trascinano!) donne e bambini con false promesse e, successivamente, li costringono alla prostituzione, sulla strada o all’interno di case; le vittime giungono in aereo, ma più spesso via terra e via mare e la situazione di clandestinità ed il sequestro del passaporto sono gli elementi di debolezza su cui fanno leva gli sfruttatori e le loro organizzazioni criminose. Le cosiddette “industrie del sesso”, vere e proprie imprese europee con filiali in tutti i paesi.
In Europa questo fenomeno è in espansione e si assiste ad una “terzomondializzazione” dell’offerta nella prostituzione; data l’instabilità del fenomeno e la sua caratteristica di “sotterraneità”, tutte le cifre devono essere accolte con cautela e costituiscono solo un’indicazione di riferimento per abbozzare i contorni del fenomeno – massiccio e sommerso – dello sfruttamento.
La prostituzione, la tratta di donne e di bambini è diventato un mondo che attraversa il mondo ed è trasversale a tutto. L’Italia è luogo di transito di flussi e spostamenti nonché meta di destinazione di donne, bambini ed uomini che vengono comprati e venduti a scopo di sfruttamento lavorativo (lavoro forzato e para-schiavistico), sessuale e non solo, il crimine riguarda infatti anche il commercio degli organi e, più in generale, tutte le forme di economie illegali.
Il quadro normativo italiano in materia di tratta degli esseri umani è piuttosto avanzato ed include misure in linea con quanto indicato nella Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta firmata a Varsavia il 16 maggio 2005 (il cui processo di ratifica però ha camminato troppo lentamente). L’Italia, infatti, considera la tratta un fenomeno di schiavitù e gli strumenti legislativi vanno dall ‘articolo 600 del Codice Penale (che contiene la definizione di riduzione in schiavitù) alla legge n.228 dell’ 8 agosto del 2003 che ha introdotto nuovi strumenti di contrasto al fenomeno e che considera, accanto agli aspetti repressivi quelli preventivi e di reinserimento sociale delle vittime.
In attuazione dell’art. 13 della legge 2003, che prevede l’istituzione di un “Fondo speciale” per la realizzazione programmi di assistenza, sono stati elaborati e pianificati progetti destinati alle vittime dei reati di riduzione in schiavitù o mantenimento in schiavitù o in servitù e di tratta di persone. La legge 228/2003 è importante non solo per l’aspetto sanzionatorio e repressivo del crimine ma anche per aver affrontato la questione, considerando in primo luogo la tutela dei diritti delle vittime ed introducendo delle disposizioni che salvaguardano la sicurezza della vittima di tratta, qualora trovi il coraggio di denunciare gli sfruttatori e sia chiamata a testimoniare nei processi.
Misure di protezione e di assistenza alle vittime della Tratta sono previste dal Testo unico sull’immigrazione e, in particolare, l’ art. 18 fa particolare riferimento alle vittime dello sfruttamento.
In generale, i programmi di protezione sociale prevedono una gamma diversificata di interventi che vanno da un primo aiuto, consistente per lo più in “accompagnamenti assistiti” presso strutture sanitarie, alla consulenza legale e/o psicologica fino ai progetti di formazione ed inserimento lavorativo e reinserimento sociale. Si stima che tra il 2000 ed il 2007, il numero di persone – vittime di tratta – che sono state assistite ed hanno, effettivamente, aderito e partecipato ai progetti di protezione sociale superi le 13.000 unità , di cui quasi 1000 sono minori di18 anni (Fonte: Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Molte di queste persone sono riuscite a trovare un lavoro e a rivedere il proprio progetto migratorio; e, dopo il superamento della prima fase di sperimentazione ed urgenza, c’è stato un cambiamento sostanziale con l’ allargamento della tipologia di sfruttamento, non più ancorata solo a quella sessuale ma anche di tipo lavorativo, ed attribuibile anche agli uomini.
Questa estensione si è resa necessaria non solo per adeguare gli strumenti normativi alle nuove esigenze ed “urgenze” sociali ma anche per interagire in modo sinergico con la Legge n. 228 che prevede, appunto, l’assistenza per le vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e di tratta di persone sottoposte a sfruttamento di tipo sessuale, lavorativo, accattonaggio o rimozione di organi.
Tra le iniziative intraprese al livello istituzionale, si ricorda l’ Osservatorio sul fenomeno della tratta degli esseri umani (istituito nel giugno 2007) con il compito di elaborare strumenti di monitoraggio ed all’analisi del fenomeno della tratta ed il Numero verde 800290290, considerato un dispositivo per azioni di sistema propedeutiche alla protezione sociale come previsto dall’art.18 D.Lvo 286/98 e agli specifici programmi di prima assistenza previsti dal citato art.13 Legge 228/03.
La materia della tratta degli esseri umani ha visto un forte impegno al livello europeo, almeno dalla seconda metà degli Anni Novanta e sempre secondo tre linee direttive: la prevenzione; la protezione ed il sostegno delle vittime; la repressione penale dei trafficanti.
Tra le iniziative prese ne citiamo solo le tre: le Decisioni quadro del Consiglio nel 2002 e nel 2003, relative alla lotta contro la tratta di esseri umani e contro lo sfruttamento sessuale e la Direttiva del Consiglio nel 2004, relativa al titolo di soggiorno rilasciato a cittadini di paesi terzi, coinvolti come vittime di tratta, che cooperino con le autorità competenti.
Esistono, inoltre, molte realtà internazionali attive sul fronte del contrasto del fenomeno e progetti transnazionali , aventi ad oggetto interventi sulla tratta di persone ed approvati e finanziati dalla Commissione Europea (come STOP e DAFNE ed altri).
Le azioni transnazionale puntano al contrasto della tratta di persone a scopo di sfruttamento lavorativo ma anche all’identificazione ed all’ assistenza delle vittime; nonché allo sviluppo di interventi multidisciplinari e di sistema, con obiettivi integrati e procedure condivise tra le diverse agenzie territoriali e gli stakeholders interessati o coinvolti.
La ragione di fondo, all’origine della tratta, non è soltanto la povertà. Non è soltanto la precarietà delle condizioni socio-economiche a creare questa situazione di moderna schiavitù. Si tratta di un intreccio perverso di motivazione che vengono da lontano e che spiegano tutte le nuove povertà e le contraddizioni delle società ricche e sviluppate. Le responsabilità sono da attribuire alle differenze tra Nord e Sud del pianeta e, soprattutto, ad un sistema consumistico che propone modelli e stili di vita che inducono a cercare percorsi che sembrano più facili per raggiungere uno status economico e sociale di autentico o falso benessere, nelle cui pieghe si nascondono gli incalcolabili “costi umani”, le ingiustizie sociali, lo svilimento del valore della vita, lo sfruttamento di donne e bambini e la logica del profitto.
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