“ERA UN vecchio su un autobus: mi mise le mani fra le cosce e sorrise. Avevo 12 anni. Le molestie sessuali non sono statistiche. Condividete la vostra esperienza: questa è la mia. #notokay”. Non ci ha pensato troppo Kelly Oxford. La sua indignazione ha voluto racchiuderla nei 140 caratteri di un tweet scritto d’impulso subito dopo aver visto il video svelato dal Washington Post dove Trump parlava delle sue prodezze sessuali in maniera cruda e sgradevole. E ha spinto “invio”: facendo impazzire la rete.In poche ore centinaia, migliaia, milioni di donne hanno rilanciato il suo hashtag fino a renderlo il trend topic più condiviso d’America. Raccontando, ciascuna, la sua storia di ordinaria molestia. “Avevo 10 anni, era il mio babysitter. Mi disse che mi insegnava a prendermi cura dei ragazzi” scrive Laurenne McCubbin da Columbus, Ohio. “Era il fratello maggiore di un compagno di scuola. Mi fece ubriacare, poi si sdraiò su di me. Aveva 18 anni, io 12″ le fa eco Christy Lemire, critico cinematografico di Los Angeles. E ancora: “Il primo a toccarmi il seno fu un amico di famiglia quarantenne sulla porta di casa dei miei nonni. Avevo 15 anni. Non l’ho mai detto a nessuno ma ancora ricordo l’umiliazione” ricorda Tomris Laffly, fashion designer di New York. Storia dopo storia dopo storia, in un solo weekend le donne d’America hanno messo su Twitter quello che nessuno studio specifico sarebbe riuscito a raccontare. Raggiungendo l’astronomica cifra di nove milioni fra tweet e retweet in 48 ore, tutti di questo tenore.”Certo, sapevo che l’atteggiamento arrogante e sessualmente aggressivo mostrato dal candidato alla Casa Bianca nel video di 10 anni prima, era qualcosa che ci riguardava tutte. L’altra faccia di un’esperienza che agli uomini fa sorridere e a noi fa orrore. Una esperienza che tutte le donne conoscono bene” racconta ora Oxford al Washington Post . “Purtroppo le statistiche dicono che in America una donna su cinque è stata sessualmente molestata almeno una volta. Ma questa risposta di massa, che due giorni dopo sembra ancora non finire, ha scioccato anche me”.
Trentanove anni, mamma di tre bambini e autrice di un libro intitolato Everything is perfect when you’re a liar ma soprattutto di un celebre tweet dove diceva “Se conosci il nome di cinque Kardashian, ma non di cinque Paesi in Asia, infila un coltello in una presa elettrica” che l’ha trasformata in una superstar della rete con perfino una webserie ispirata ai suoi acutissimi tweet, Kelly Oxford ha deciso di fare il suo outing sulle molestie subite dopo aver visto il video di Trump. Raccontare la “sua” prima volta: il vecchio nell’autobus appunto: “per dare voce a chi quell’atteggiamento arrogante del tycoon e di quelli come lui lo subiscono da sempre. Come se fosse una cosa normale. Come se fosse una cosa piacevole”. E quando le donne in rete hanno cominciato a reagire, lei non si è tirata indietro. Ha raccontato una seconda molestia subita, poi una terza, una quarta, una quinta. Rompendo ogni argine fino a provocare un immenso outing collettivo, dove donne di ogni ceto ed età hanno trovato coraggio e voce, raccontando le tante molestie della porta accanto: “Il parrucchiere che mi tagliava i capelli da sempre quando avevo 14 anni mi spinse la lingua in gola”. “Il maestro di ginnastica mi palpò i genitali”. “Il mio superiore nell’esercito mi ha stuprato in un dormitorio”.
“Nove milioni e mezzo di tweet dopo, al ritmo di due al secondo, volete continuare a negare che in questo Paese c’è una cultura dello stupro?” scrive ancora Oxford, postando la foto della sua timeline. “Parlate, donne”. E loro, le donne, continuano a parlare. Perché no, la molestia non è ok.
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