di Michele Giorgio
TERRITORI OCCUPATI • Contro l’impennata dei «delitti d’onore»
La legge continua a prevedere forti attenuanti per gli omicidi compiuti in famiglia
GERUSALEMME Le proteste contro l’aumento dei prezzi e la disoccupazione continuano a infiammare la Cisgiordania e ieri a Ramallah il premier dell’Anp Salam Fayyad ha subito una contestazione durissima tanto da doversi allontanare, con la scorta della polizia, dall’edificio dove si trovava assediato dai manifestanti. Le strade della Cisgiordania nelle scorse settimane avevano visto anche tante manifestazioni di donne e uomini contro l’impennata del numero delle uccisioni di donne tra le pareti domestiche e dei «delitti d’onore» commessi da mariti, padri e fratelli. Una forte iniziativa della società civile palestinese è scattata dopo l’omicidio avvenuto a fine luglio, in pieno centro a Betlemme, della 27enne Nancy Zaboun, madre di tre bimbi, sgozzata dopo aver chiesto il divorzio dal marito che da anni la picchiava brutalmente. Le autorità palestinesi sono sotto accusa perché continuano a mostrarsi clementi verso gli uomini accusati di violenze e assassinii per «motivi d’onore». A ben poco è servito l’emendamento voluto lo scorso anno dal presidente dell’Anp Abu Mazen al codice penale che ha innalzato le pene previste per chi commette questi crimini. La legge infatti continua a prevedere forti attenuanti per l’omicidio di donne compiuto in stato d’ira. La morte di Nancy poteva e doveva essere evitata. La donna dopo essere stata ripetutamente picchiata dal marito, Shady Abdallah, un ex agente di polizia, aveva chiesto aiuto e protezione alle autorità, senza ottenere alcun risultato. Aveva perciò deciso di lasciare il marito e a fine luglio la sua richiesta di divorzio era stata finalmente presa in esame. La soddisfazione per il risultato raggiunto è durata meno di 24 ore. II giorno successivo il marito l’ha affrontata in una via affollata non lontana dalla Chiesa della Natività e l’ha sgozzata davanti a decine di passanti. Abdallah ora è in carcere in attesa di giudizio. Conserva la speranza, molto concreta, di tornare presto a casa, grazie a un accordo di conciliazione e risarcimento economico fra la sua famiglia e quella della moglie in nome «del bene dei tre orfani». Una conclusione che ha generato un’ondata di sdegno a Betlemme e in altre città della Cisgiordania dove gruppi di donne hanno organizzato manifestazioni, e sit in, in particolare a Ramallah, di fronte al Palazzo di Giustizia, che hanno visto la partecipazione anche di tanti uomini. Soprattutto hanno chiesto al presidente dell’Anp Abu Mazen di nominare una commissione di inchiesta di fronte all’aumento dei delitti: dall’inizio dell’anno 12 donne sono state uccise nei Territori occupati dai mariti o da parenti maschi (11 in totale lo scorso anno), ha riferito Farid al Atrash della Palestinian Independent Commission for Human Rights. Ma le autorità dell’Anp in Cisgiordania e di Hamas a Gaza continuano a non fare nulla di concreto per fermare questo bagno di sangue. A denunciarlo è lo stesso ministro per .la donna, Rabiha Diab. «Questi assassinii ci fanno tornare ogni volta al punto di partenza, le leggi non cambiano e i responsabili di questi delitti riescono sempre a cavarsela con poco», ha commentato Diab con amarezza. Un piccolo passo in avanti invece le donne palestinesi potrebbero farlo con l’annunciata riforma della legge che regolamenta il divorzio nei territori cisgiordani sotto il controllo dell’Anp. Sinora, mentre l’uomo può dichiarare il divorzio unilateralmente senza doversi rivolgere a un tribunale, la donna può solo intentare il divorzio consensuale o deve dimostrare «seri motivi» per la separazione. E la sua richiesta raramente viene accolta. Da anni varie organizzazioni palestinesi per i diritti delle donne chiedevano un cambiamento. Ora i vertici islamici che fanno capo all’Anp annunciano che la riforma non prevederà più l’obbligo di addurre prove concrete e istituirà un massimo di tre mesi per lo svolgimento del processo che dovrà stabilire se il matrimonio «è nocivo alla coppia». E solo un piccolo passo, perché le donne rimarranno largamente in svantaggio riguardo la custodia dei figli. Lo Statuto dell’Anp continua a prevedere che la custodia venga affidata alla madre solo fino alla pubertà, per poi passare al padre. In caso di nuovo matrimonio, la madre divorziata perde automaticamente l’affidamento. Il Women’s Centre for Legai Aid and Couselling (Wclac) di Ramallah evidenzia anche altri problemi legati alla legge di famiglia che non saranno superati dalla riforma annunciata. «Vogliamo il divieto di matrimonio per minorenni – ha scritto in un comunicato il Wclac – chiediamo lo stesso numero di testimoni per uomo e donna al momento della stipulazione del contratto di matrimonio, eguali condizioni per la richiesta di divorzio, l’affidamento in base all’interesse del figlio e restrizioni radicali della poligamia, senza dimenticare la questione della comunione di beni».
Manifesto – I diritti delle donne palestinesi manifestazioni in Cisgiordania
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