di Cristiana Lodi
Ma il patto è valido?
«Io, Deborah, nominata schiava, dichiaro di mia spontanea volontà, di acconsentire ad offrire il mio corpo, la mente e tutta me stessa, in schiavitù consensuale a te Luigi, nominato padrone…»
••• La loro era una inclinazione condivisa, scarsamente spirituale e di totale sottomissione di lei a lui. Un accordo di «schiavitù volontaria consensuale e sessuale», sottoscritto in un contratto senza scadenza ma privo di valore legale. Un patto acui lei infatti viene meno; perché a un certo punto non ne vuol più sapere di farsi legare e frustare e appendere al soffitto a occhi bendati. O con la maschera alla cat-woman. Ed erano diventati una noia, per la commessa padovana di 31 anni, quegli amplessi sadomaso, seppur pienamente concordati col marito. Un barista a tempo di 41 anni, che aveva invitato lei a sottoscrivere il patto fondato sul sesso estremo, un anno prima del matrimonio. «Io, Deborah, qui di seguito nominata schiava, dichiaro di mia spontanea volontà, di acconsentire ad offrire il mio corpo, la mente e tutta me stessa, in schiavitù consensuale a te Luigi, in seguito nominato padrone…», recita così il foglio, che sembra la bella o anche la brutta copia di 50 sfumature di.., libro che prescrive e descrive gli accorgimenti pratici per trasformarsi in Christian Greye e Anastasia Stecle: protagonisti della trilogia sulle avventure erotiche dai contorni marcati, in voga nel panorama letterario del momento. Con la differenza che la storia padovana è finita sul tavolo del pubblico ministero, Sergio Dini, che ha iscritto sul registro degli indagati il marito della signora Deborah. Lei, un bel giorno, si è infatti stufata di fare sesso rinchiusa dentro a un corpetto borchiato, con gli stivaloni fin sopra al ginocchio e le mutande cernierate. Così ha denunciato il marito «padrone» per maltrattamenti in famiglia. E poco importa che lui, allora, abbia sbattuto il contratto sulla scrivania del pm. Era stato scritto due anni prima del matrimonio: a marzo 2004. Lui e lei si erano conosciuti nella primavera del 2003. L’anno scorso il matrimonio si è rotto, col patto che s’infrange insieme, nonostante lei avesse scritto di suo pugno di essere «schiava» del suo Luigi «per sempre» e di «accettare di obbedire e soddisfare i desideri di lui». Ovviamente «rinunciando al diritto di godimento, eccetto quello concesso dal padrone stesso». Il contratto si è trasformato nella «prova» per usare le parole dell’avvocato matrimonialista Annamaria Bernardini De Pace, di dieci anni di maltrattamenti. «Ovvio che un contratto di questo tipo non abbia alcun valore davanti alla legge, perché mette in discussione il diritto alla libertà. E il disprezzo della libertà, sottoscritto in un patto, altro non è che l’organizzazione di un reato. Si tratta di un documento che va contro tutti i principi dei codici esistenti», spiega Bernardini De Pace. Se non fosse che si tratta di una storia vera, accaduta un anno prima della pubblicazione del romanzo di cui sopra (ma venuta alla luce soltanto oggi, verrebbe da pensare a una recita. «Una parodia di quell’opera, malamente assemblata» commenta ancora l’avvocato, «anche se in realtà questo fatto dimostra come in alcuni uomini emerga l’indole violenta, se non sono intervenute positivamente l’educazione, la cultura, l’istruzione. Questo signore di Padova è di certo un soggetto violento e il contratto firmato dalla coniuge di cui si è fidato, avrà su di lui un effetto boomerang. Proprio perché è la prova della sua condotta malata». Dal fascicolo aperto dal magistrato, oltre al decalogo in cui sono riportati i dettagli della sottomissione volontaria della moglie al marito, salta fuori anche un precedente fatto di violenza sessuale consumato dall’uomo ai danni di una ex fidanzata, dieci anni prima.
Il barista di 41 anni, padre di un bimbo di sei avuto dalla moglie che lo ha denunciato, pretende di avere ragione in virtù del pezzo di carta consegnato al pm. Nel decalogo è specificato, sottolinea il signor Luigi, che durante le pratiche di sesso estremo «mia moglie aveva la possibilità di ricorrere a una parola in codice oppure a tre colpi picchiati di pugno» per avvertire che qualcosa non stava andando nel verso giusto. «Era ben scritto nel contratto» ha ribadito il denunciato. La «schiava» però si è ribellata. E per il suo «padrone», denunciato anche per stalking per via delle insistenze, adesso non sarà semplice difendersi. «Nessun patto pre-matrimoniale è contemplato o considerato lecito. Questo, in particolare, costituisce un’aggravante», spiega il presidente dell’associazione matrimonialisti italiani Gian Ettore Gassani, «in questo caso è infatti stata esercitata violenza psicologica sulla donna, proprio in virtù dello scritto non ammissibile». Il processo è stato istruito contro Luigi. E lo stravagante contratto divenuto di pubblico dominio.
Libero Quotidiano – Nozze sadomaso. La moglie «schiava» per un accordo prematrimoniale. Lui denunciato si difende: ha firmato un contratto
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