di Marta Serafini
Otto anni di reclusione per violenza sessuale, con le attenuanti generiche. È questa la pena inflitta dal tribunale dell’Aquila a Francesco Tuccia che un anno fa ha stuprato una studentessa vicino a una discoteca. Dopo averla massacrata, l’ha lasciata lì nel parcheggio del locale, in mezzo alla neve, esanime e insanguinata. Lei si è salvata dopo 40 giorni di ospedale, dopo aver lottato contro ferite terribili. Alla lettura della sentenza ha dichiarato: «Non importa quanti anni gli abbiano dato, la mia vita non cambia». Non c’è nessuna giustificazione per il gesto di un uomo (a 20 anni si è uomini, non ragazzi) che ha rovinato l’esistenza di una coetanea. Se ha commesso un reato è giusto che paghi e sconti la sua pena. Ma è pur vero che lo Stato deve fare qualcosa per prevenire reati del genere. E un dovere nei confronti delle donne, delle ragazze, delle adolescenti e delle bambine. E non solo. Quella giovane donna magari ha un fratello, un padre, un compagno che tutti i giorni deve farsi forza per non uscire di casa, prendere un bastone e massacrare di botte quell’uomo che si è portato via il sorriso della loro sorella, figlia, compagna che sia. Già, perché lo Stato nasce proprio per far sì che i cittadini non diventino lupi che si vendicano e si sbranano a vicenda. Le condanne e la giustizia sono importanti. Servono. E si deve fare anche di più. Forse a quella studentessa darebbe sollievo sapere che oltre a emettere sentenze, si organizzano corsi nelle scuole per insegnare il rispetto dell’altro. Magari anche solo un’ora al mese, per spiegare in modo molto chiaro agli adolescenti che sopraffare un’altra persona è un gesto da bestie. E non una dimostrazione di machismo. È una goccia nel mare? Può darsi. Ma è una richiesta della società civile. Che è emersa anche dall’inchiesta dalla 27esima ora sulla violenza domestica. E che si legge tra le righe di tutte le storie raccolte sul blog, ora raccontate in Questo non è amore, in uscita il 14 febbraio per Marsilio.
Corriere della Sera – La condanna del giovane stupratore e l’esigenza di insegnare il Rispetto
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