di Stefano Vecchia
La ragazzina disabile arrestata per blasfemia
Pakistan, per Rimsha in campo il presidente
E i cristiani fuggono
Pakistan. Sale la tensione a Islamabad dopo l’«arresto» dell’adolescente che avrebbe dato fuoco a 10 pagine di un estratto del Corano.
Rimsba 13anni, disabilementale, rischia la pena di morte.
In fuga. Il presidente ha chiesto un rapporto sul caso Paul Bhatti: «Siamo in ansia per gli sfollati»
A chiedere chiarezza e a soste-nere il diritto alla difesa di Rimsha Masih – il nome è di fantasia -, la tredicenne accusata di blasfemia in Pakistan e che per questo rischia una pesante condanna, è stato ieri il presidente Asif Ali Zardari. Quest’ultimo ha ordinato al ministro dell’Interno Rehman Malik di consegnargli immediatamente un rapporto sull’accaduto. «Non permetteremo in alcun modo – ha commentato il capo dello Stato – un uso strumentale della legge sulla blasfemia». E ha aggiunto: «Vogliamo proteggere la vita e la proprietà privata dei cristiani» e «essere sicuri che la storia non venga usata da chiunque per interessi personali». E una posizione ben più netta rispetto a quelle assunte dal leader in altre simili e tragiche occasioni. Di certo, sull’orientamento del presidente hanno pesato le pressioni dell’opinione pubblica internazionale che da tempo chiede di modificare la legge sulla blasfemia. Norma che consente, nel nome della tutela della fede islamica, violenze ed arbitri contro le minoranze religiose. Rimsha si trova dal 17 agosto in regime di custodia in un riformatorio sotto la protezione della polizia, dove resterà per le due settimane concesse dalla legge. Centinaia di famiglie cristiane del suo quartiere di Umara Zaffar, sobborgo di Islamabad – almeno 600 persone – sono in fuga nel timore di ritorsioni dei fanatici religiosi «Non siamo tanto preoccupati per la sorte della ragazzina, perché abbiamo fiducia negli investigatori e nella magistratura – dice il consigliere per l’Armonia nazionale del primo ministro pachistano, Paul Bhatti che ha convinto musulmani e cristiani a formare un comitato per verificare responsabilità e mantenere l’ordine a Umara Zaffar-, siamo però preoccupati per la sorte delle famiglie costrette a lasciare le loro case. Per tutelarle sono intervenute le forze dell’ordine, ma difficile ora prevedere un rientro a breve termine». Si temono colpi di mano dei fanatici che già assediano l’intera comunità, una baraccopoli illegale. L’opinione pubblica, intanto, attende con ansia gli sviluppi della vicenda. «Sono in pochi a volere che una persona venga accusata ingiustamente – ricorda Bhatti -, a maggior ragione nel caso di Rimsha. Anche mass media e società civile chiedono chiarezza e la fine del fanatismo. Un sentimento, questo, che ha radici nella propaganda e nell’ignoranza, ma non facile da controllare, sempre a rischio di estendersi». Questa volta forze dell’ordine e autorità hanno reagito con prontezza e con decisione, anche davanti alla reazione prevedibile e forte della comunità internazionale. La polizia ha protetto la ragazzina dai facinorosi che volevano linciarla e l’ha portata al sicuro, per poi pattugliare le strade del quartiere cristiano per evitare violenze e devastazioni. «Stiamo aspettando riscontri degli investigatori, cercando di mediare tra fonti e dati – ricorda Paul Bhatti -. Intanto abbiamo chiesto un esame medico per accertare le condizioni di Rimisha e abbiamo avuto garanzie per la sua sicurezza. Occorre anche non lasciare spazio a notizie senza riscontro o interpretazioni che rischiano solo di accendere l’odio tra le comunità, non di fare giustizia». Un appello alla responsabilità a cui si è unito monsignor Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawalpindi. Come in simili fatti, che vanno moltiplicandosi nel Paese, il caso di Rimsha è complessa da definire. Alcuni vicini accusano la ragazzina, affetta da ritardo mentale, di aver bruciato dieci pagine del Noorani Qaida, il manuale per imparare a leggere il Corano, in una discarica dove abitualmente portava i rifiuti della famiglia. La denuncia è bastata a infiammare una folla di facinorosi, che agiscono per interesse personale o per fanatismo. Vari esponenti della comunità cristiana locale, hanno spiegato che la ragazzina avrebbe incendiato spazzatura in uno spazio comune non sapendo che dentro i sacchi ci fossero estratti del Corano. È stato qualcun altro – spiegano – portarle nella discarica, volontariamente o inavvertitamente.
LE AMBIGUITÀ
Legge controversa che tiene nel mirino anche i minorenni
Nella sua ambiguità tra eredità giuridica di stampo anglosassone e applicazione del diritto coranico, il Pakistan — Paese dalle due leggi, la seconda delle quali applicabile formalmente soltanto sui musulmani — sta gradualmente diventando un Paese “senza legge”. Piazza, interessi politici e di potere, pressioni fondamentaliste e faide vanno chiudendo spazi di civiltà e di certezza del diritto. Finora, tuttavia, i casi di blasfemia che hanno coinvolto minorenni non sono mai stati portati in tribunale e, fortunatamente, nemmeno si sono trasformati in atti efferati di esecuzione extragiudiziaria come, invece, in casi numerosi che hanno riguardato adulti. Sono, però, stati pretesto in maggioranza per atti persecutori contro la comunità di appartenenza. Casi di abusi contro minori, come nel caso di tentati atti di violenza con la reazione della vittime, oppure la denuncia da parte della famiglia di chi li subisce, innescano ritorsioni che utilizzano la legge in modo opportunista. I casi più frequenti riguardano le giovani cristiane occupate come domestiche in case di notabili musulmani, ma la casistica e ampia e sovente incompleta per paura o omertà. Anche le relazioni tra giovani musulmani e non musulmani possono essere sanzionati con accuse di oltraggio alla religione. La “legge antiblasfemia” diventa anche strumento di ricatto nel caso delle giovani delle minoranze rapite, costrette ad abiurare e a convertirsi all’islam. (S.V.)
PERSECUZIONE
Falsità e abusi: le troppe vittime della normativa
Dal 1986 al 2010, le persone imputate per blasfemia sono state 1.081, di cui 138 cristiani, 468 musulmani e 454 membri della setta di origine musulmana degli Ahmadiya. Sono state una quarantina le persone accusate di blasfemia lo scorso anno in Pakistan in base al dettato degli articoli 295 e 298 del Codice Penale. Che, con poche variazioni dal 1986, presta il fianco a una serie di abusi. L’accusa di avere oltraggiato il Corano, di avere parlato in senso contrario alla religione o avere bestemmiato il nome di Allah o di Maometto può essere fatta da qualunque pachistano di fede musulmana. La polizia ha l’obbligo di aprire un’inchiesta, ponendo sotto custodia l’accusato. Nella stragrande maggioranza dei casi, i procedimenti non vanno oltre la fase delle indagini.
Anche quando arrivano a una sentenza, poi, sono quasi sempre di innocenza. Questo non garantisce però la sicurezza di quanti finiscono sotto accusa: il rischio di linciaggio o di assassinio in carcere è molto elevato. Le vittime della legge sono finora 37, fra cui 18 cristiani e 16 musulmani.
Tra queste, anche chi si è battuto per cambiare la norma. Come il governatore del Punjab, Salman Taseer assassinato il 4 gennaio 201 1 e il ministro delle Minoranze Shahbaz Bhatti, ucciso dalla sua guardia del corpo il 2 marzo dello stesso anno. In carcere da quasi due anni e in attesa del processo d’appello dopo una condanna alla pena capitale, è anche Asia Bibi, madre di famiglia cristiana, diventata simbolo delle vittime di una legge arbitraria. (S.V.)
LA VICENDA IL CORANO BRUCIA
Secondo l’accusa, Rimsha avrebbe bruciato dieci pagine del “Noorani Qaida”, un compendio utilizzato per insegnare il Corano ai ragazzi. Fonti locali affermano, invece, che i vicini hanno buttato un cumulo di spazzatura nello spiazzo dove la ragazza stava giocando. Quest’ultima ha accidentalmente dato fuoco al mucchio, in cui c’erano anche alcuni fogli del Noorani Qaida.
LA FIRMA DELLA DENUNCIA
A firmare la denuncia contro Rimsha è stato Muhammad Ummad. Che, però, non è stato direttamente testimone del presunto gesto blasfemo. Solo in base ad alcune dicerie, Muhammad Ummad ha, però, sottoscritto l’accusa in cui si dice che la piccola avrebbe strappato, gettato in un secchio della spazzatura e poi incendiato dieci pagine del “Noorani Qaida”.
L’AGGRESSIONE
Rimsha ha rischiato di essere bruciata viva da una folla inferocita. Dopo la preghiera del venerdì — su istigazione di un imam estremista che è stato denunciato —, oltre un migliaio di persone ha attaccato la casa della ragazzina, che è stata picchiata selvaggiamente. Solo l’intervento della polizia ha impedito che la tredicenne fosse bruciata viva, come gridava la folla. Alla fine, gli agenti hanno preso Rimsha in custodia.
I CRISTIANI IN FUGA
Oltre seicento cristiani sono dovuti fuggire da Umara Jaffar, il sobborgo molto povero di Islamabad dove vive la famiglia di Rimsha. Una folla di estremisti infatti ha bloccato le vie di accesso alla zona e ha minacciato di attaccare l’intera comunità. Che è scappata per evitare conseguenze. Ora si sono rifugiati in posti segreti per fuggire alla persecuzione. Nel frattempo, alcune case di proprietà dei cristiani sono state date alle fiamme.
Avvenire – Ragazza accusata di blasfemia. Zardari adesso prova a salvarla
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