Avvenire – La vera caccia alle streghe che insanguina Papua

di Lucia Capuzzi

Ogni anno 150 donne assassinate: «La rabbia sociale si sfoga nella superstizione»

Secondo l’ufficio del vescovo Anton Bal tra il 10 e il 15 per cento della popolazione ha dovuto emigrare per sfuggire alle persecuzioni. Nel mirino gli emarginati

Troppo tardi. Quando la notizia ha raggiunto suor Gaudentia Meier a Mendi, il delitto era già avvenuto da giorni. Normale in Papua Nuova Guinea, una “nazione-arcipelago’ , dove villaggi popolosi e sperduti sono circondati dal mare d’acqua odi montagne. Le ultime due “sanguina’ (streghe) sono state massacrate nell’isola di Bougainville, a centinaia di chilometri da dove l’anziana religiosa e infermiera vive ormai da 44 anni. Al lavoro quotidiano in clinica, dove si occupa dei malati di Hiv, “Sister Gaudi” – come la chiamano – abbina un’attività “informale” di lotta alla superstizione. Che in questo angolo remoto di Oceania assume connotati assurdamente barbari. La caccia alle presunte streghe non è solo una pratica abituale ma cresce di intensità, anno dopo anno. Tanto che anche il governo locale ha finalmente ammesso il problema. E incaricato una Commissione di occuparsene. Suor Gaudentia, il vescovo di Kundiawa, monsignor Anton Bal, il sacerdote e medico polacco Jan Jaworsld e il prete antropologo Philip Gibbs lo denunciano da tempo. E lottano per sradicare il dramma. Frutto non solo del sopravvivere di tradizioni arcaiche in un contesto di isolamento, ma di una rabbia sociale sempre più accentuata. «L’irrompere della modernità – spiega l’antropologo Gibbs – ha portato i bimbi sui banchi di scuola. Quando finiscono, però, non trovano lavoro». Tra il 70 e il 90 per cento degli under 25 è disoccupato. Lo “steam” (un liquore casalingo) e le droghe dilagano. Suor Gaudentia chiama “marijuana boys”, gli squadroni di giovanissimi che individuano, catturano, torturano e assassinano le presunte “streghe’, spesso dopo un inquietante processo pubblico. Così è accaduto alle vittime di Bougainville, decapitate al termine di tre giorni di tormenti. Gli accusatori volevano estorcere loro la confessione di aver ucciso con qualche misteriosa pozione un maestro del villaggio. Nelle zone più remote dell’arcipelago, la morte di un esponente della comunità non viene vista come il risultato di una malattia o un incidente, ma come “colpa” di qualcuno. In genere di una strega. Non è folclore. Una legge del 1971 riconosce l’esistenza della stregoneria e la punisce, condannando però anche le violenze verso chi la pratica. Quest’ultima parte— dato un tasso di impunità del 97 per cento — è rimasta lettera morta: la polizia papuana — come documenta l’Onu — ha bassissimi salari e la corruzione è diffusa. Non solo. Spesso, le autorità sono complici. Sia per superstizione, sia perché i “pogrom” sono un modo di scaricare la furia delle gang giovanili. Su innocui capri espiatori. Le presunte streghe sono, infatti, quasi sempre persone emarginate, fragili, povere. E in genere sono donne sole, senza cioè — in un contesto profondamente maschilista — un marito o un parente adulto che possa difenderle. Le stime più caute parlano di almeno 150 omicidi legati alla” sanguma” all’anno. Secondo l’ufficio del vescovo Bal, però, le vittime sono molte più dei morti. Almeno il 10-15 per cento della popolazione è stata costretta ad emigrare per le persecuzioni. Da qui l’idea di creare una rete di parroci che “disinneschino” la violenza, spiegando ai parenti, dopo un lutto, le reali cause delle morti. Proprio come suor Gaudentia, monsignor Anton è convinto che solo con un’azione di educazione sia possibile chiudere il drammatico capitolo della “sanguma”.

IN AFRICA, ASIA, MA ANCHE A LONDRA: SONO MIGLIAIA I MORTI PER I PREGIUDIZI
Cresce, parallelamente alla frustrazione sociale. La superstizione dilaga nel Sud del mondo. In Africa ha il volto folle dei cacciatori di “bimbi stregoni” in Congo e Tanzania. O degli “annusatori di streghe”: persone che dicono di riconoscere la stregoneria dall’odore. Una pratica diffusa nelle tribù bantu e che avrebbe causato, secondo l’Osservatorio per i diritti umani del Congo, almeno 60 omicidi dal 1990. In Gambia si parla di mille vittime di stregoneria nel solo 2009, mentre in Kenya, Camerun e Togo la legge riconosce il delitto di stregoneria. In Tanzania e nei Paesi limitrofi, le persecuzioni nei confronti degli albini sono frequenti. In Arabia Saudita, nel 2011, un sudanese è stato condannato a morte per “pratiche magiche”. Ma è soprattutto lndia ad allarmare: secondo la polizia, ogni anno, vengono assassinate 200′ streghe’ . E il fenomeno rischia di dilagare in Europa. Londra ha denunciato violenze legate a superstizioni all’interno delle comunità straniere. (Lu.C.)

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