di Luca Miele
Presentata la bozza «sponsorizzata» dall’Italia
Terzi: tassello importante.190 milioni di vittime
In Africa e nel Medio Oriente i Paesi più colpiti
Ma il fenomeno è in crescita anche in Europa dove in 500mila hanno subito questa violenza, 39mila solo nel nostro Paese
E’ una piaga che scavalca confini, inchioda intere società a una struttura patriarcale, «una violazione dei diritti umani» – come l’ha definita l’Onu – che infligge «sofferenze fisiche e psicologiche, provocando in alcuni casi anche la morte». Una piaga che ha una sola vittima: la donna. Quello “scritto” dalle mutilazioni genitali femminili nel mondo è un vero e proprio bollettino di guerra. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità, il numero di donne e ragazze che ha subito questa pratica oscilla tra i 100 e i 140 milioni. Ogni anno la stessa sorte incombe, poi, su altri tre milioni di donne. Se essa è diffusa in gan parte di Paesi africani, nel Medio Oriente e in alcune comunità dell’Asia e dell’America Latina, rischia ora di “consolidarsi” anche nel Vecchio Continente, sulle rotte dell’immigrazione. Ora il dossier sulle mutilazioni genitali femminili approda all’Onu, dopo un lungo percorso a ostacoli, grazie anche alla tenacia di militanti anti-mutilazioni arabe e africane. Come anticipato dal ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi, è stato infatti depositata da un gruppo di Paesi africani la bozza di risoluzione all’Assemblea generale dell’Onu che mira a «intensificare gli sforzi globali per l’eliminazione delle mutilazioni», «sponsorizzata dall’Italia», come ha detto lo stesso ministro, nel corso di un convegno su questo tema al Senato organizzato da Aidos, Associazione italiana donne per lo sviluppo e da Amnesty International. Secondo la senatrice Daniela Colombo (Aidos) è possibile che la risoluzione venga approvata dall’assemblea entro l’anno. Dietro il progetto c’è stato un lavoro di anni alle Nazioni Unite da parte di molti Paesi. «L’Italia all’Onu è coordinatrice dei Paesi europei» nei gruppi di lavoro che si occupano della materia, ha precisato Terzi, che ha rivendicato il forte impegno del nostro Paese su questo argomento. «Dal 2004 abbiamo portato avanti infinite riunioni su questo tema – ha aggiunto Terzi -. Le mutilazioni genitali femminili sono sempre state al centro di incontri bilaterali con Paesi africani». La risoluzione è «il primo tassello di un faticoso processo negoziato che non subirà battute d’arresto e procederà spedito verso l’approvazione della risoluzione in sede di Assemblea Generale a dicembre». Il ministro ha ricordato che il problema «non è lontano dall’Italia. Lo abbiamo qui», attraverso le donne immigrate dai Paesi africani. L’Italia ha una legge in materia, la 7/2006, considerata una delle più avanzate al mondo, e ha finanziato numerose campagne di informazioni nei Paesi interessati. Per Terzi «numerosi Paesi africani sono impegnati singolarmente nel combattere questa piaga. Ma per passare da una azione nazionale a un impegno globale (attraverso la risoluzione Onu), il salto è stato considerevole». Nel corso del 2011 sono state 2.744 le comunità africane che hanno definitivamente bandito la pratica delle mutilazioni genitali femminili. «Dati incoraggianti – ha sottolineato ancora il ministro – anche se la strada per giungere all’eliminazione universale del fenomeno è ancora lunga». La geografia delle mutilazioni fotografa una realtà che, soprattutto in alcuni Paesi africani, è drammatica. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità, in Guinea la pratica coinvolge il 95,6 per cento delle donne, oltre il 91 per cento in Mali, il 97,9 in Somalia, il 95,8 in Egitto, 88,7 in Eritrea, il 74,7 in Etiopia. Secondo il Parlamento Europeo sono 500mila le donne che hanno subito questa violenza, e altre 180mila sono a rischio nel Vecchio Continente. Anche l’Italia si scopre vulnerabile: sono 39mila le donne colpite.
Avvenire – Il no del mondo incalza l’Onu sulle mutilazioni femminili
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