Luigi Cancrini, psichiatra e psicoterapeuta
100 donne in un anno.
Uno dei risvolti dell’impotenza collettiva (oltre che individuale dei carnefici), di una società che non sa dichiarare che quelle vittime sono vittime di Stato.
Ogni fenomeno può essere prevenuto.
Non della pena uno Stato deve occuparsi, ma di prevenire che l’ignoranza, la paura e la povertà emotiva decidano ancora della sorte di altre donne.
Silvia Petrucci
Un tentativo di prevenzione del femminicidio lo fece il governo di Zapatero raccogliendo in una legge la proposta delle donne spagnole sottoposte, nei primi anni del 2000, ad un massacro molto simile a quello denunciato oggi in Italia. Semplice, concreto e fattibile l’insieme dei provvedimenti comprendeva un iter preferenziale con tempi certi (24 ore) del procedimento penale che seguiva la denuncia da parte della donna, una assistenza psicologica immediata per il gruppo familiare in difficoltà, un sostegno economico ed una facilitazione nella ricerca di soluzioni abitative cd occupazionali per la donna minacciata o vittima di violenza. Quello che le indagini sul femminicidio mettono in evidenza, infatti, è che il gesto finale è annunciato da altri gesti meno drammatici e/o da minacce più o meno chiare: che la donna viene uccisa, cioè, da una persona che poteva essere fermata prima se la paura di peggiorare la situazione della vittima («Lo denuncio? Lui mi ammazzerebbe se lo facessi!«) o la sopravvivenza della famiglia non l’avessero fermata. Si insiste molto oggi sul tema fondamentale di una cultura «maschilista» e violenta. Anche le leggi, tuttavia, sono importanti per mettere in crisi gli atteggiamenti e la mentalità che a questa cultura si collegano.
L’Unita’ – Una legge per fermare i femminicidi
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