di Maria Pozzato
«Certi gruppi dell’opposizione estremista armata stanno imponendo a donne e ragazze regole severe e discriminatorie che non hanno fondamento nella legge siriana». Così ha dichiarato Human Rights Watch in merito ad alcune norme che si stanno diffondendo nelle aree controllate dai gruppi estremisti nel nord e nordest della Siria, le quali violano i diritti limitando la loro possibilità di svolgere le attività quotidiane.
HRW ha intervistato 43 rifugiati scappati dalla Siria per spostarsi nel Kurdistan iracheno, oppure in Turchia, tra il novembre e dicembre 2013. Questi hanno rivelato che i gruppi armati estremisti Jabhat al-Nusra e ISIS (Islamic State of Iraq and Sharm) hanno applicato quella che è la loro interpretazione della Sharia, imponendo particolari modifiche al codice d’abbigliamento con la minaccia di punire chiunque non obbedisca all’ordine. I rifugiati nel Kurdistan iracheno hanno spiegato che, sin da subito, sono stati banditi jeans, indumenti aderenti e trucco. In alcune aree sono presenti ulteriori misure discriminatorie che proibiscono alla popolazione femminile, specialmente a chi non rispetta le regole sul vestiario, di muoversi liberamente in pubblico, di lavorare, di frequentare istituti scolastici, di utilizzare mezzi pubblici oppure addirittura di procurarsi beni primari necessari per la sopravvivenza. Le regole imposte, quindi, hanno un evidente impatto negativo sulle vite e intaccano la possibilità di provvedere in modo adeguato alla famiglia.
«I gruppi estremisti come ISIS a Jabhat al-Nusra stanno minando le libertà di cui godevano le donne e le ragazze siriane», ha detto Liesl Gerntholtz, direttore della sezione per i diritti delle donne presso HRW. «Che tipo di finale possono promettere questi gruppi a donne e ragazze che si vedono private dei loro diritti?». Tutto ciò, infatti, non ha a che fare con la Costituzione siriana, la quale garantisce la parità di genere. Le donne, in Siria, hanno sempre avuto la possibilità di partecipare alla vita pubblica del Paese, lavorare, andare a scuola e godere della libertà di religione e di coscienza.
Gli intervistati, hanno fatto riferimento anche a rapimenti. In particolare, uno di essi, ha riportato la vicenda di una vicina di casa che, dopo essere rimasta vedova, è morta con i suoi tre bambini perché spaventata nel lasciare la zona senza l’accompagnamento di una persona di sesso maschile. In alcune città, difatti, alle donne è stato proibito di presentarsi in pubblico senza un membro maschile della famiglia. Siriani provenienti dalle città di Idlib, Tal Abyad e Tal Aran, hanno aggiunto che in queste zone non è neanche consentito lavorare fuori casa. Seppure in modo minore, alcune restrizioni hanno riguardato anche il codice d’abbigliamento e la libertà di spostamento degli uomini. Tuttavia, queste, non sono paragonabili alle discriminazioni previste per le donne.
«Gruppi come ISIS e al-Nusra affermano di essere parte del movimento sociale, ma ora sembrano più focalizzati a diminuire le libertà per donne e ragazze che a provvedere a qualsiasi beneficio per la società», ha detto Gerntholtz. «Come si è visto in Somalia, Mali e in altre parti del mondo, questo genere di restrizioni spesso segna l’inizio di un completo collasso dei diritti della donna».
Le donne sono una delle fasce della popolazione più duramente colpite dalla guerra civile che da tre anni sconvolge la Siria. Ciononostante, la componente femminile è stata attenta, e partecipe, fin dal primo istante alle vicende del proprio Paese. Sia all’interno che al di fuori del territorio siriano, si sono organizzate e mobilitate giocando un ruolo positivo in vari ambiti, quali: assistenza umanitaria, monitoraggio dei diritti umani e nella gestione delle emergenze presso le comunità più vulnerabili.
UnWomen, proprio in questi giorni a Ginevra, ha indetto una conferenza per dare supporto agli sforzi che le donne siriane continuano a sostenere. L’incontro, inoltre, vuole sottolineare l’importanza della loro inclusione nel processo di creazione di una pace duratura, riunendo i gruppi e le organizzazioni femminili per sviluppare attenzioni, priorità e supportare la loro partecipazione nella creazione di un futuro nei paesi d’appartenenza.
[Fonte: ilreferendum.it]
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