di Gabriella Ceraso
Oggi in tutto il mondo con diverse iniziative si celebra la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, seguendo l’invito del segretario generale delle Nazioni Unite rivolto a governi, organizzazioni internazionali e Ong, a sensibilizzare l’opinione pubblica su una piaga sociale e culturale che non conosce confini di ambiente, censo e nazionalià.
Aggredite, picchiate, rapite, mutilate o addirittura uccise; a casa, al lavoro, a scuola, per strada. Oltre il 70% delle donne nel mondo ha vissuto almeno una volta l’esperienza di una violenza fisica o psicologica e le denunce sono ancora sopraffatte il più delle volte dal timore di impunità per gli aggressori o dalla mancanza di assistenza e sostegno adeguati. Dall’Onu è questo il quadro che emerge oggi. Cifre globali comparabili e più dettagliate per ora non ci sono: per l’Unione Europea, la prima ricerca del genere sarà pronta a inizio del 2013 con dati sulle violenze, analisi contestuali e anche la misurazione dei livelli dei servizi di assistenza post-denuncia. La firmerà l’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Ma il problema c’è, è transnazionale e ha radici culturali, pur assumendo in ogni Paese volti e forme diverse. Per l’Africa abbiamo raccolto la testimonianza di Habi Bamba, presidente di United Nation Women Guild( UNWG):
“Toutes les quinze minutes il y a une femme que….
Ogni 15 minuti, c’è una donna che muore a causa della violenza coniugale: questo in tutti i Paesi, anche in quelli in via di sviluppo e chiaramente anche in Africa. Io sono originaria dell’ovest dell’Africa e posso dire che ci sono tipi diversi di violenza: i matrimoni forzati , la non scolarizzazione delle giovani donne, l’impossibilità di emanciparsi. Queste sono forme di violenza silenziosa. La violenza non si limita soltanto a colpire la donna: ci sono forme di violenza ancor più forti, come quelle mentali o quelle che incidono sullo sviluppo stesso della donna. Dunque tutto si gioca veramente sull’emancipazione reale della donna”.
All’importanza di un’educazione sana e diversa, specie quella dei bambini che saranno i futuri uomini, richiama la scrittrice cinese Xinran Eady, ampliando l’orizzonte della riflessione:
“When you have a child…
Quando hai un figlio, al maschio compri un’arma e una macchina, ad una femmina compri una bambola. Quindi, sin da piccoli i maschi imparano ad avere il potere, ad avere un’arma, mentre alle femmine viene insegnato a tenere in braccio il proprio bimbo, la bambola. Secondo: in un gioco per computer, in un film, quanta violenza! E sostanzialmente, tutto ruota intorno alle lotte tra maschi, tra eroi. Non dimenticate però che un eroe si costruisce sull’uccisione di altre persone. Il terzo punto va ricercato nell’istruzione: basta aprire i libri di storia. I vittoriosi, i vincitori, gli eroi sono tutti uomini …”
La Cina, quella politicamente ed economicamente potente, è solo quella delle città, spiega Xinran. A sole cinque ore di distanza, in periferia o nelle campagne, si torna indietro di 500 anni:
“Women in the country’s…
Le donne in campagna vivono in condizioni terribili, senza acqua corrente ed elettricità e nemmeno il diritto di scegliere chi sposare; le ragazze non hanno il diritto di andare a scuola. In molte zone di campagna le donne sono rimaste incatenate e trattenute dalle tradizioni, costrette in condizioni di vita poverissime e assoggettate ad una cultura maschilista. E questo è costato molte vite in Cina”.
Politiche specifiche fanno il resto: il figlio maschio è necessario, e le bambine sono inutili, racconta Xinran …
“From a my research…
Da una mia ricerca durata tre anni, abbiamo scoperto che più di 150 mila bambine sono state adottate da Paesi occidentali. Ma quante ragazze nella storia, ed anche ora, sono state abbandonate o uccise? Non lo sappiamo, perché questo è un segreto di Stato”.
In altri contesti, altrettanto difficili per la vita delle donne, ci sono progressi notevoli, anche se non sono ben visti. E’ il caso del Pakistan, dove sono donne il 22 per cento delle parlamentari, ma i retaggi culturali sono ancora pesanti. L’ambasciatore del Pakistan in Italia, Tehmina Janjua:
“We have rights guaranteed to women by the Constitution…
La Costituzione garantisce alle donne determinati diritti, ma i diritti che sono violati non sono violati in maniera sistematica, quanto piuttosto a causa di determinate mentalità; queste mentalità devono essere ri-orientate. Allo stesso tempo, abbiamo un movimento femminile molto forte che sta lavorando duramente per garantire che il rispetto dei diritti delle donne sia preservato e rafforzato anche attraverso la legislazione. Il nostro Parlamento ha recentemente approvato alcune leggi tra le quali quella contro la violenza nei confronti delle donne e quella contro la discriminazione nel mondo del lavoro”.
Cosa fare, dunque? Per un fenomeno globale occorrono risposte globali. Lo ripetono le firmatarie del network internazionale HOW, acronimo della Onlus Hands Off Women, nata nei giorni scorsi a Roma. Vi aderiscono Associazioni e singole donne, che intendono seguire i dettami dell’Onu con piccoli gesti e piccole iniziative: più informazione, più promozione dei diritti umani e più sostegno alle vittime.
[Fonte: it.radiovaticana.va]
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