L’India si è risvegliata: dopo secoli di indifferenza per le sue donne abusate e uccise, il Paese «inventore» della non violenza, la «più grande democrazia del mondo» già guidata da una signora (Indira Gandhi) e ora dietro le quinte da un’altra (Sonia Gandhi) si sta muovendo.
A metà dicembre il caso della studentessa di Delhi vittima di un atroce stupro di gruppo, morta dopo due settimane di sofferenze, ha rotto il silenzio. E mentre ieri iniziava nella capitale il processo contro i cinque autori dello stupro-omicidio, altre iniziative prendevano il via, di segno diverso.
Nell’Est, a Malda, ha aperto il primo di una serie di tribunali di donne per crimini contro le donne. Giudici, magistrati, l’intero staff sono al femminile e le vittime potranno così esprimersi in un’atmosfera a loro sensibile, anziché distratta se non ostile com’è ora.
Un altro passo sarà fatto, sperano molti, quando verranno davvero applicate (e in tempi rapidi) le leggi in vigore, poi quando sarà riformato il codice penale con condanne più dure per stupratori e «femminicidi»: misure raccomandate mercoledì da una speciale commissione governativa dichiaratasi invece contraria alla pena di morte per stupro che una parte del Paese vorrebbe (e i cinque di Delhi ora rischiano ma in quanto omicidi). E mentre il dibattito su questo punto prosegue, a Bombay il partito induista estremista Shiv Sena lanciava ieri un’iniziativa perlomeno discutibile: la distribuzione di 21mila coltelli con lame da 7 cm alle donne della città, da tenere in borsetta.
«Proprio come fate con la verdura — ha spiegato un membro del partito — se qualcuno allunga la mano, tagliategliela via nello stesso modo».
[Fonte: 27esimaora.corriere.it]
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